Il covid-19,o SARS-CoV-2, è una malattia infettiva respiratoria causata dal virus chiamato SARS-CoV-2. Questa malattia può presentarsi in maniera asintomatica, con sintomi simil – influenzali oppure in forma moderata o grave con rischio di complicanze respiratorie (insufficienza respiratoria).
I sintomi simil – influenzali più frequenti sono: febbre, tosse, mal di testa, respiro corto, dolori ad articolazioni e ai muscoli, stanchezza, disturbi gastrointestinali, perdita dell’olfatto e del gusto temporaneamente. Nei casi più gravi può verificarsi una polmonite, una sindrome da stress respiratorio acuto, sepsi, shock settico e una tempesta di citochine fino ad arrivare al decesso del paziente. Inoltre, il covid-19 non porta solo conseguenze fisiche, ma anche psicologiche, sociali e sanitarie.
Questa malattia causa conseguenze psicologiche importanti e l’isolamento sociale ne contribuisce gli effetti sulle persone. Infatti, fattori come l’isolamento sociale, la reclusione in casa o il ricovero in ospedale o in una Microcomunità, e il peso dell’incertezza generale possono condizionare duramente durante questo periodo. La reclusione in casa, per chi ha sintomi lievi, è una delle principali misure che il governo ha attuato per prevenire la diffusione dei contagi, ovvero quella della quarantena. Essa implica un totale isolamento che dura almeno 15 giorni, ma come ben si sa può durare anche di più. Questo isolamento, infatti, alle persone possono comparire fenomeni di stress, ansia e nervosismo che sono molto difficili da gestire, ancor di più se l’isolamento viene prolungato. A causa di ciò sono aumentate le violenze domestiche e suicidi. I più colpiti sono stati coloro che sono ricoverati in strutture sanitarie come: l’ospedale e le Microcomunità. Infatti, loro non possono vedere nessuno, solo in videochiamata, ovviamente non è la stessa cosa vedendosi personalmente. Infatti, questi pazienti soffrono di solitudine, depressione, ansia perché molte volte non capiscono cosa sta succedendo, mancanza di vita sociale, affetto e soprattutto di paura. Durante la seconda ondata di questa pandemia ho avuto l’occasione di vivere quest’esperienza come Oss tirocinante, non ero in reparto covid ma le direttive principali erano come nei reparti covid. La cosa che mi ha colpito di più è stato quando i pazienti non potevano vedere i parenti. Ogni paziente doveva stare nella propria camera e se voleva uscire in corridoio doveva mettere la mascherina, se un suo parente doveva portargli i vestiti di ricambio, dovevamo uscire noi oss dalla porta del reparto a prenderli , e subito dopo disinfettare la borsa che li conteneva. Un altro episodio che mi ha colpito maggiormente è stato quando una signora, già ricoverata da giorni in ospedale, doveva cominciare la prima seduta di chemioterapia e suo marito si è presentato davanti alla porta del reparto ma purtroppo non ha potuto vederla e allora io gli ho chiesto cosa voleva che dicessi a sua moglie. E devo dire la verità, quando mi ha detto quelle cose mi sono commossa e poi mi sono recata dalla paziente a comunicarle le parole di suo marito, ovviamente si è commossa anche lei. In quel momento mi sono messa nei suoi panni e pensavo a quanto fosse triste non vedere un parente o una persona che ti sta a cuore soprattutto in questi momenti difficili. Oltre a questa esperienza in ospedale, ho avuto l’occasione di viverla anche all’interno di una Microcomunità, in questo caso covid free. Nonostante fosse covid free, all’inizio dicembre i parenti non potevano ancora venire a trovare gli anziani, però prima delle festività, grazie a una delibera regionale, i parenti hanno potuto andare a trovare gli anziani con dovute precauzioni e distanze. Dopo questa notizia mi sono sentita più tranquilla e sollevata, perché in quegli istanti prima della delibera ho visto gli anziani molto tristi e si sentivano molto più soli, molto spesso piangevano quando si parlava dei parenti. Un giorno, parlando con un’anziana che aveva appena rivisto sua figlia, che non vedeva da marzo, mi disse: “sai Marta, non ho mai ricevuto in vita mia un regalo migliore di questo.” Dopo questa confessione ho riflettuto molto su quanto questa pandemia ha stravolto la vita di ognuno di noi ma soprattutto il mio pensiero si dedicava di più sulla forza e la tenacia che hanno avuto e stanno continuando ad avere i miei colleghi sanitari.
Infatti, non solo le persone comuni sono in crisi ma quelli che sono più in crisi sono i sanitari, perché sono i primi ad essere chiamati ad affrontare questo stato di emergenza sanitaria. Infatti, essi sono stati e saranno sempre i nostri eroi, perché nonostante la stanchezza, hanno e stanno facendo dei salti mortali per poter aiutare le persone a guarire da questo virus. Molti di loro fanno turni massacranti, vestiti sempre con i dispositivi di protezione individuali (guanti, camici, cuffia, visiera, occhiali protettivi, mascherina, calzari), per potersi proteggere ma purtroppo questi dispositivi scarseggiano e infatti gli operatori sanitari mettono a rischio la loro salute, ma una volta messi non possono più bere, mangiare, andare in bagno, ma sanno anche che devono mantenere una lucidità di analisi, di giudizio e di intervento. Infatti, a lungo andare causa la sindrome di burnout, perché sono sovraccarichi di stanchezza, frustrazione, depressione, insonnia persistente e stress.
Infine ci sono anche le conseguenze sociali ed economiche che terrorizzano le persone dovute dalle restrizioni emanate dal governo, come: l’aumento della disoccupazione, la riduzione del reddito, il peggioramento della salute e un minore appagamento nelle relazioni.
Marta Bich